Sto notando una pericolosa dissociazione dal "sentirsi italiani", fortunatamente non condivisa da tutti. Quello che hanno costruito le generazioni precedenti sembra essere quasi del tutto cancellato con l'avida spugna del nuovo "orgoglio globalizzate", tanto venerato e poi tanto demonizzato per le attuali, - ed inevitabili -, "reazioni (o contrindicazioni) avverse". Se non riprendiamo il filo ormai lacerato del sano e costruttivo collettivismo nazionale, negheremo al nostro paese una benché minima speranza di ripresa, e non intendo solo economica, ma soprattutto culturale e vitale. La Salvarani, - e una moltitudine di altre realtà imprenditoriali del "boom economico" come Fiat, Lamborghini, Pininfarina e molte altri brand storici svenduti al miglior offerente, rappresentava fedelmente un pensiero che nei giovani, e anche meno giovani, sembra oggi essere diventato un miraggio utopico, o una realtà probabilmente mai esistita. Nel futuro dell'Italia non vedo solo le immancabili ombre tipiche di qualsiasi ampio sistema civile, perché anche un albero, - che vegeta nella luce -, produce anch'esso una sua ombra di mistero. Ma questa è soltanto filosofia, probabilmente spicciola. Prendiamo una zappa piuttosto che piangerci addosso, e costruiamo una nuova terra dove piantare il fiore della speranza.