Un evento senza precedenti al centro di ricerca per la comunicazione "Fabrica" della Benetton. Lo scopo: parlare di flussi migratori, integrazione, futuro e ottimismo attraverso l'interazione di persone di diverse culture che si sono confrontate faccia a faccia nel convincente format dei "tavoli parlanti", interviste ad ospiti come Emma Bonino, Gad Lerner, Vittorio Sgarbi, Taquoa Ben Mohamed. Tutto sotto la direzione creativa e concettuale di un Oliviero Toscani capace di trasmettere ancora forti emozioni e perché no, quell'ironia che da sempre lo contraddistingue come pochi. Una "36 ore di con-fusione", questo il titolo altrettanto dinamico di una kermesse durata due giorni, il 6 e 7 Aprile 2019, nella splendida cornice del quartier generale della creatività internazionale voluta venticinque anni fa dallo stesso Oliviero Toscani e Luciano Benetton, nomi che dividono e uniscono, da sempre. Nomi che hanno fatto la storia di un nuovo tipo di dialogo commerciale, etico e creativo, nomi che hanno suggerito un punto di rottura degli schemi consumistici e globalizzanti, proponendo nuove strutture di riflessione alla dilagante ipocrisia della nostra contemporaneità occidentale. Ma questa volta la splendida cornice non è l'ennesimo e iconico fondo bianco a cui siamo abituati a vedere fin dalla gioventù, la nuova cornice è l'architettura veneta altrettanto e coraggiosamente mixata dalle futuriste visioni archetipe di Tadao Ando. Può bastare tutto questo a fare di un evento un momento di autentica integrazione sociale?. Chi c'era avrà sicuramente modo di raccontarlo, e di ricordarlo, ma per chi non ha potuto esserci potranno bastare le migliaia di fotografie scattate dai cinquanta photo reporter invitati dal team di Fabrica provenienti da tutta Italia. Perché la fotografia ha il potere universale di tramandare la conoscenza e le emozioni umane più di qualsiasi altro media, e in casa Fabrica/Toscani è il media irrinunciabile per innescare un qualsiasi processo commerciale, etico o creativo che sia.
The OffenseCome conseguenza di un workshop di fotografia condotto da Oliviero Toscani, Settimio Benedusi, Marco Rubiola e con la collaborazione di Federica Belli, cinquanta fotografi provenienti da tutta Italia hanno espresso la loro univoca e personalissima visione dei contenuti stessi della kermesse. Molteplici i lavori che hanno suscitato l'attenzione della giuria, ma un volto ha fatto vibrare sentimenti contrastanti, ha innescato un pensiero probabilmente diverso. Stefano Mitrione rappresenta così la sua visione della 36 ore di con-fusione di Fabrica, una realtà distaccata dall'osservatore, un confine invalicabile, un'offesa (The Offense) che si estende nel tempo e nello spazio. Fortemente chiaroscurata a metà tra bianco e nero, e colore, l'inquadratura non è perfettamente ortogonale al fine di accentuarne la profondità, la partecipazione, mentre lo sguardo abbassato e la fronte corrugata suggeriscono emozioni latenti e contrastanti, ma in ogni caso forti, che denunciano senza troppi eccessi una condizione emotiva di odio, tristezza, severità e rassegnazione ad un'offesa che ormai, sembra non avere mai fine. La composizione, nel suo complesso, appare subito tesa ma allo stesso tempo elegantemente rilassata, tutto sembra convergere nella narrazione degli opposti che invitano l'osservatore ad uno spaesamento percettivo e al contempo a una presa di posizione arbitraria, personale e autonoma. E' anche un volto scolpito nell'ombra e dalla luce delle superfici non levigate, texturizzate, vibranti, convinto di rappresentare un momento dilatato nell'eternità del pensiero umano. Uno sguardo assente, voracemente scalpellato nell'ombra di un viaggio senza fine, dove il dettaglio fotografico appare e scompare rapidamente, e la pelle sembra trasudare di molteplici sentimenti e dove la carne, l'umanità, sembra disintegrarsi in milioni di puntini atomici.
Oriana Carrer
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